L’INSEGNAMENTO ORIGINARIO DEL BUDDHA

L’INSEGNAMENTO ORIGINARIO DEL BUDDHA

Le 26 fonti più antiche

Helena (Ivanovna Shaposhnikova) Roerich (San Pietroburgo, 1879; Kalimpong, 1955), è conosciuta principalmente per la divulgazione dell’Insegnamento del Maestro Morya attraverso gli scritti dell’Agni Yoga e per la traduzione in russo della Dottrina Segreta di H. P. Blavatsky. Autrice di soggetti etici e filosofici sul ruolo importante della donna nella nostra era, scrisse anche un’interessante testo sul Buddismo indicando la necessità di un ritorno all’insegnamento originario. Privo di qualsiasi connotazione sentimentale ed emotiva, identifica il crimine più odioso e causa di tutti i mali dell’umanità nell’Ignoranza e riconosce quindi che il solo mezzo di liberazione dalla sofferenza è nella Conoscenza delle leggi che governano la vita.

Dall’Agni stesso il Maestro M. ammonisce, nel versetto 178, “La stessa inalterabile Verità viene offerta agli uomini sotto spoglie diverse. In meno di un secolo, la volgarità delle moltitudini la deforma. Purificare la Verità è quindi uno dei doveri dello Yogi.”

In questo senso, Helena e Nicholas Roerich percorseso questo sentiero per tutta la vita, tornando alle origini per recuperare l’insegnamento primo, non corrotto, includente ed unitario in ogni aspetto della nostra complessa vita su questo pianeta per portarla alla conoscenza di tutti.

Scrive Helena:

Il termine Buddha non è un nome, ma indica uno stato spirituale, un essere che ha raggiunto il punto più elevato del suo sviluppo su questo livello esitenziale. Tradotto letteralmente significa l’Illuminato, o colui che possiede la conoscenza e la saggezza perfetta.

Del Risvegliato Gautama la tradizione narra che quando conseguì l’Illuminazione,ebbe chiara la catena delle cause, risolvendo così il problema che lo tormentava da parecchi anni. Meditando dalla causa all’effetto, Gautama rivelò l’origine del male:

12) L’esistenza è sofferenza perchè essa implica vecchiaia, morte e miriadi di pene.

11) Io soffro perchè sono nato.

10) Io sono nato perchè appartengo al mondo dell’esistenza.

9) Io esisto perchè alimento l’esistenza in me.

8) Nutro l’esistenza perchè ho dei desideri.

7) Ho dei desideri perchè ho delle sensazioni.

6) Ho delle sensazioni perchè entro in contatto con il mondo esteriore.

5) Questo contatto è prodotto dall’azione dei miei sei sensi.

4) I miei sei sensi si manifestano perchè, essendo una personalità, mi oppongo all’impersonale.

3) Sono una personalità perchè la mia coscienza ne è compenetrata.

2) Questa coscienza si è creata in conseguenza delle mie vite precedenti.

1) Queste esistenza hanno offuscato la mia coscienza perchè non avevo conoscenza.

Comunmente i passaggi vengono percorsi in ordine inverso:

1) l’offuscamento dell’ignoranza.

2) il karma.

3) la coscienza.

4) la forma (sensoriale e non).

5) le sei basi trascendentali dei sentimenti e sensazioni.

6) il contatto.

7) i sentimenti.

8) la sete del desiderio.

9) gli sforzi e gli attaccamenti.

10) l’esistenza.

11) la nascita.

12) la vecchiaia e la morte.

Gautama definì, e condannò, l’ignoranza quale il più grande crimine dell’umanità perché, inducendoci ad attribuire un valore a ciò che non ne ha, è causa di tutte le sofferenze umane: lunga è la ronda delle vite e delle morti per gli insensati che non conoscono la Verità.

Il Risvegliato proclamò le Quattro Nobili Verità, come la luce capace di diradare l’oscurità dai misteri dell’esistenza e del destino umano, liberandoci dalla sofferenza.

1) La sofferenza dell’esistenza incarnata è causata dalla ricorrenza costante delle nascite e delle morti.

2) La causa di queste sofferenze risiede nell’ignoranza, nella sete di soddisfazione personale data dai possedimenti terreni che trascinano nella perpetua ripetizione di una esistenza imperfetta.

3) La cessazione della sofferenza si trova nella realizzazione di uno stato illuminato, includente tutto, creando con ciò la possibilità di arrestare coscientemente il cerchio dell’esistenza terrena.

4) La via che conduce alla cessazione della sofferenza consiste nel rafforzare progressivamente gli elementi da perfezionare, per sopprimere le cause dell’esistenza terrena e raggiungere la Grande Verità.

Gautama divise il Sentiero che porta alla Verità in otto percorsi:

1) Giusta Comprensione (della Legge delle Cause).

2) Giusto Pensiero.

3) Giusta Parola.

4) Giusta Azione.

5) Giusta Direzione.

6) Giusto Lavoro.

7) Giusta Vigilanza e Autodisciplina.

8) Giusta Concentrazione.

Il Nirvana si rivela per coloro che, osservando questi Principi nella vita, giungono alla liberazione. La nostra comprensione attuale ci permette di definire il Nirvana come uno stato di perfezione di tutti gli elementi e tutte le energie in un individuo, portati al massimo d’intensità realizzabile nel presente ciclo cosmico.

Gautama enunciò anche dieci grandi ostacoli o impedimenti:

1) L’illusione della personalità.

2) Il dubbio.

3) La superstizione.

4) Le passioni fisiche.

5) L’odio.

6) L’attaccamento alla materia.

7) Il desiderio di godimento e di riposo.

8) L’orgoglio.

9) La soddisfazione di se.

10) L’ignoranza.

Predicando le Quattro Nobili Verità e il Nobile Sentiero, Gautama condannò le mortificazioni corporali praticate dagli asceti così come la licenziosità, indicando nel sentiero degli otto passi la via dell’armonizzazione dei sensi e della realizzazione delle sei perfezioni di un Arhat: compassione, moralità, pazienza, coraggio, concentrazione e saggezza.

Il Risvegliato insistette sulla realizzazione, da parte dei suoi discepoli, del concetto dei due estremi, poichè non si percepisce la Realtà se non giustapponendoli. Se il discepolo era incapace di padroneggiare questo concetto il Benedetto non lo introduceva ad una conoscenza più avanzata, perchè questo non sarebbe stato solo inutile ma avrebbe potuto rivelarsi anche dannoso. Realizzare questo concetto è più facile quando si è appreso il principio di relatività. Il Buddha affermò la relatività di tutto ciò che esiste, facendo rimarcare gli eterni cambiamenti nella natura e l’impermanenza di tutte le cose nei flussi dell’esistenza senza limiti che tende eternamente verso la perfezione.

L’Insegamento del Buddha, come insegnamento di Verità, comprendeva tutti i grandi insegnamenti precedenti e, di conseguenza, mettendo in risalto le loro verità, non negava nulla. Rifiutando di negare, l’Insegnamento non rendeva nessuno dipendente. La realizzazione del grande principio di cooperazione apriva tutte le vie.

All’inizio dell’Insegnamento la disciplina mirava sopprattutto a purificare il cuore e la mente da tutti i pregiudizi e difetti. Secondo i progressi, l’obiettivo dell’Insegnamento si trasferiva e si concentrava sull’espansione della coscienza: non è degno di portare l’abito monacale l’impuro che manca di sincerità nei suoi atti, è ignorante e non ha padronanza di se stesso.

La più odiosa dei tre generi di azione malevola, disse il Risvegliato, non è la parola, ne l’atto fisico, ma il pensiero. Nella concezione di una cattiva azione l’uomo è già colpevole, sia questa messa in atto oppure no. Il primo elemento, in tutte le cose, è il pensiero. L’elemento preponderante è il pensiero, tutto è creato dal pensiero. Se un uomo parla o agisce con un cattivo pensiero, la sofferenza lo segue come una ruota segue i passi dell’animale che tira il carro. Se un uomo parla o agisce secondo un giusto pensiero, la gioia lo segue come la sua ombra che non lo abbandona mai.

Perseguendo la crescita e lo sviluppo della coscienza, egli concesse una grande libertà di pensiero e di azione per tutto il resto con l’intenzione di far sì che ogni singolo esprimesse la sua propria disciplina individualmente e spontaneamente.

Ebbe a dire un discepolo del Benedetto:

Come la terra sopporta pazientemente senza tristezza né piacere ogni cosa che le cade sopra, pura o impura, così il Buddha sopporta imperturbato sia la venerazione che il disprezzo degli uomini. Come l’acqua purifica e rinfresca tutto senza distinzioni, sia esso giusto o malvagio, così il Buddha dona la sua compassione ai nemici ed agli amici.

Numerosi sono i dialoghi e discorsi tenuti dall’Illuminato con i suoi ascoltatori sui temi della quotidianità quali la famiglia e gli obblighi verso i loro componenti oppure gli aspetti pratici per il benessere sociale. Lo distingueva il suo particolare punto di vista che, considerando il dovere umano nella sua utilità vitale, gli faceva porre la sua acutissima ed elevata percezione al servizio del quotidiano. Ciò rappresentò il suo merito più grande. Dice il testo:

Questo lato pratico e vitale dell’Insegnamento si espresse magnificamente nella risposta che il Benedetto dette ad Anathapindika, un uomo di ricchezza incalcolabile, chiamato “la provvidenza degli orfani e l’amico dei poveri”, che venne a consultarlo.

Apprendendo che il Buddha si era fermato in un boschetto di bambù, vicino a Rajagriha, Anathapindika si mise in viaggio quella notte stessa per incontrarlo. Il Benedetto percepì immediatamente il cuore puro dell’uomo e lo accolse calorosamente.

Anathapindika disse: <Io vedo che tu sei il Buddha, il Benedetto, e desidero aprirti il mio spirito. Dopo avermi ascoltato, dimmi ciò che devo fare. La mia vita è piena di lavoro, ho acquisito grandi ricchezze ed ho una quantità enorme di affari da trattare. Tuttavia amo il mio lavoro e lo svolgo con diligenza. Molte persone lavorano per me e dipendono dal successo delle mie imprese. Ora ho inteso i tuoi discepoli vantare la beatitudine dell’eremita e denunciare l’agitazione del mondo. “Il Sant’Uomo, essi dicono, ha abbandonato il suo regno ed il suo palazzo, ha trovato il sentiero della rettitudine, mostrando così al mondo intero, con l’esempio, come si raggiunge il Nirvana”. Il mio cuore aspira a fare ciò che è giusto e ad essere una benedizione per i miei simili. Ti chiedo quindi: devo abbandonare le mie ricchezze, la mia casa, i miei commerci e, come te, scegliere di essere senza dimora al fine di raggiungere la beatitudine di una vita retta e giusta?>.

Il Buddha rispose:<La beatitudine di una vita retta e giusta può essere raggiunta da tutti quelli che intrapprendono i Nobile Ottuplice Sentiero. Colui che si attacca alle ricchezze farà meglio ad abbandonarle, piuttosto che permettere ad esse di avvelenargli il cuore. Ma colui che non si attacca ad esse e che, possedendo dei beni, gli utilizza in modo giusto è una benedizione per il suo prossimo. A te dico: resta nella tua posizione sociale e cura con diligenza i tuoi affari. Non sono la vita, la ricchezza e il potere che rendono gli uomuni schiavi ma il loro attaccamento alla vita, alla ricchezza e al potere.

Il monaco che si ritira dal mondo per condurre una vita oziosa, non ricava alcun profitto. Una vita indolente è un abominio e la carenza di energia è biasimevole. Il Dharma del Tathagata (Buddha, NdR) non chiede ad un uomo di scegliere di essere vagabondo e di abbandonare il mondo, a meno che non si senta chiamato a farlo, però esige che ogni uomo si liberi dall’illusione di sè, purifichi il suo cuore, rinunci alla sua vita di piacere e conduca una vita retta.

Quale sia la sua situazione, che egli resti nel mondo come artigiano, commerciante, ufficiale del re, o che si ritiri dal mondo e si consacri ad una vita di meditazione religiosa, egli deve mettere tutto il suo cuore nel suo compito, essere diligente ed energico. Se egli è come il loto che cresce sull’acqua senza che essa lo tocchi; se egli lotta nella vita senza nutrirsi di invidia e di odio; se vive nel mondo non una vita di egoismo ma di verità, allora sicuramente gioia, pace e benedizione abiteranno i suoi pensieri>.

Il Risvegliato insegnava costantemente che non esite un <io> indipendente, ne mondi separati da esso. Non ci sono cose indipendenti e non ci sono vite separate: tutte le cose sono indissolubilmente correlate. Se non vi sono <io> separati, non possiamo dire che questo o quello è mio e, in questo modo, il concetto di proprieta è distrutto alla sua origine.

Se il concetto di un’anima umana permanente e indipendente è da rifiutare, cos’è che allora dona all’uomo il senso di una personalità permanente? La risposta è trishna, il desiderio di esistere. Un essere che ha generato delle cause, di cui è il responsabile, e che è posseduto da queso desiderio, va, secondo il suo karma, a rinascere.

Dallo stesso complesso di elementi (dharma) nascono infinite combinazioni di skandha, ossia degli elementi che si manifestano a un dato momento come personalità e che, dopo un periodo di tempo definito, appaiono come un’altra, una terza, una quarta, all’infinito. Ciò che avviene non è una trasmigrazione, ma una trasformazione senza fine di un complesso di dharma, o elementi, ossia un continuo raggruppamento di elementi: i substrati che formano la personalità umana. L’ultimo desiderio prima della morte della personalità precedente ha una grande influenza sulla qualità della nuova combinazione di skandha, gli elementi della nuova personalità, perchè questo desiderio dona la direzione ai flussi liberati.

Il buddhismo considera un uomo come un’individualità costruita da numerose esistenze, la quale si manifesta solo in parte in ogni apparizione sul piano terrestre. L’esistenza individuale, composta da una catena intera di vite, che è iniziata, continua e finisce per ricominciare di nuovo all’infinito, è paragonata ad una ruota o ad un anno di dodici mesi, invariabilmente ripetuti. Con il Risvegliato, la catena di dodici Nidana non è più una catena, ma diventa la Ruota della Vita con dodici raggi. Una volta messa in movimento la Ruota della Vita, La Ruota della Legge, non si fermerà più: <la Ruota della Legge Benevola, nella sua immutabile rotazione, schiaccia la paglia senza valore e la separa dal grano dorato. La mano del karma dirige la Ruota e le sue rivoluzioni segnano il battito del suo cuore>.

Tutti questi cambiamenti di forma e di esistenza portano ad uno scopo: la realizzazione del Nirvana. Questo significa il pieno sviluppio di tutte le possibilità contenute nell’organismo umano. Il buddhismo, però, insegna la conoscenza e la creazione del bene, indipendentemente da questo scopo, poichè il contrario sarebbe l’egoismo assoluto e una tale speculazione condanna alla delusione. Come è stato detto, il Nirvana è la sintesi del distacco; è la completa rinuncia a tutto ciò che è personale per amore della Verità. Un ignorante sogna e lotta per il Nirvana senza rendersi conto della sua vera essenza. Fare il bene al fine di ottenere risultati o condurre una vita di disciplina per giungere alla liberazione non è il Nobile Sentiero indicato da Gautama. La vita deve essere vissuta senza il pensiero della ricompensa o della realizzazione, e una simile vita è la più grande! L’uomo può arrivare così al Nirvana nel corso della sua vita terrena.

<Fratelli, non vengo per offrirvi dei dogmi e non vi domando di credere in ciò che molti altri credono. Vi esorto solamente a raggiungere l’illuminazione in voi stessi, ad usare la vostra propria mente, a svilupparla invece di lasciarla intorpidire; vi scongiuro di non somigliare a delle belve da preda o a stupide pecore. Vi imploro di essere uomini con una visione corretta, che lavorano instancabilmente per acquisire la conoscenza reale che prevarrà sulla sofferenza>.

Brani presi quì e là dal libro di Helena Roerich, “L’Insegnamento Originario del Buddha, le 26 fonti più antiche”- Edizioni Synthesis

F.C.

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